Personaggio introverso e scomodo, dalla vita turbolenta e sfortunata, Carlo Bugatti è diventato una delle firme più prestigiose del design italiano
Carlo Bugatti aveva l’arte nel proprio Dna. Ereditata certo dal padre Giovanni Luigi Bugatti, scultore e architetto che lo iscrisse prima all’Accademia di Brera e poi all’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi.
Ma quello che l’ha reso grande è stato soprattutto il suo talento. Ereditato o meno, Carlo ha coltivato questo talento fuori dal comune ridefinendo il concetto di artigianato. Da subito si concentrò sui mobili e, dopo un periodo di lavoro nella bottega di un ebanista (Mentasti) decise di aprire una bottega propria.
Il suo lavoro colpì subito l’attenzione sia per l’utilizzo di diversi materiali sia per le scelte originali che rendevano ogni suo pezzo unico e difficilmente riconducibile ad uno stile preciso. Piuttosto, i riferimenti stilistici erano molteplici.
Un precursore, senza “se” e senza “ma”. Tanto che molte soluzioni dell’epoca, entreranno di diritto nella produzione corrente soltanto a metà del Novecento.
Pezzi unici e costosissimi sono i suoi elementi distintivi con cui realizza i suoi mobili, per i quali vengono utilizzati legni pregiati oltre ad avorio, rame, madreperla, pelle di cammello e di daino. Creazioni particolarmente apprezzate che ben si armonizzano con le inclinazioni di gusto esotico-moresco tipico dell’epoca.
Il talento e il carattere di Carlo Bugatti
In un testo su Giuseppe Sommaruga curato da Andrea Speziali si racconta un aneddoto davvero curioso e per certi versi incredibile ma che dà l’idea di chi fosse Carlo Bugatti. A seguito dei riconoscimenti ottenuti prima all’Esposizione di Londra (1900) e poi quella di Parigi due anni più tardi, anche la Regina Margherita di Savoia decise di complimentarsi con lui per il suo stile moresco. Invece di accettare i complimenti in modo diplomatico, Bugatti li rifiutò asserendo che non si trattava di stile moresco bensì di uno “stile personale”. Niente male per un uomo che è sempre stato giudicato riservato ed introverso… Altri cenni curiosi sulla sua storia personale li potete trovare QUI.
Quella di Bugatti è stata una una produzione interamente artigianale dalla qualità costruttiva impressionante. Sia per i materiali utilizzati che per le scelte stilistiche. Non mobili per tutti, certo, ma pezzi riservati ad una ristretta elite e anche per questo dai costi considerevoli. Una scelta in controtendenza, in un periodo in cui iniziava a prendere piede una forma di produzione di tipo industriale.
Forse, semplicemente, per Bugatti l’Italia non era ancora pronta. Così decise di trasferirsi prima a Parigi poi in un piccolo paese nel dipartimento dell’Oise, nell’alta Francia: Pierrefonds. Il nome forse non dice nulla, ma si tratta di una location suggestiva con il suo imponente castello che è stato teatro e set di alcuni film come les Visiteurs, The Messenger: The Story of Joan of Arc e per la serie televisiva Merlin.
Ma qui, Carlo mise da parte gli strumenti del mestiere e scelse di iniziare una nuova vita lontano dal mondo dell’arte e del design che lo portò perfino a diventare sindaco del paese. Ma ecco l’intuizione che non ti aspetti.
Lasciati gli attrezzi da ebanista nel cassetto, Carlo Bugatti in Francia riscopre una sua antica passione: la pittura. Quello di Pierrefonds, tuttavia, non sarà certo il suo buen retiro perché la sua vita ha in serbo ancora delle sorprese…
La “maledizione” dei Bugatti
Quella dei Bugatti non è la classica storia a lieto fine…
Terminata la prima guerra mondiale, dopo la morte del figlio minore Rembrandt, scultore che si tolse la vita nel 1916, Carlo decide di raggiungere il figlio maggiore Ettore che, nel frattempo, aveva aperto un’attività imprenditoriale a Molsheim, in Alsazia, dopo aver lavorato come progettista per anni firmando le prestigiose auto Bugatti. Un po’ artista, un po’ progettista appassionato di meccanica, Ettore sogna di scalzare le Rolls Royce dal trono delle auto di maggiore lusso, ma un po’ lo scoppio della guerra, un po’ la “maledizione” di famiglia che, dopo la morte del fratello, lo costringe a piangere anche il figlio Jean morto mentre era alla guida di una delle sue macchine, glielo impediscono.
Carlo Bugatti muore proprio a Molsheim nel 1940, sette anni prima di suo figlio Ettore.
Una vita turbolenta che però non impedisce a Carlo Bugatti di segnare in modo indelebile il passaggio dalla cultura del mobile di fine Ottocento al moderno concetto di design in Italia.
Carlo Bugatti torna a Milano…
Dopo tanto girovagare, Carlo Bugatti di recente è “tornato” a Milano per l’Asta di Design, Modern&Decorative Arts che si è tenuta alla Viscontea Casa D’Aste di Milano nel novembre scorso.
Negli oltre 300 lotti con firme del calibro di Gio Ponti Franco Albini, Osvaldo Borsani e Arnaldo Pomodoro, c’era anche Carlo Bugatti con una selezione di pezzi straordinari come tavolini e sgabelli finemente decorati in rame e una serie di pezzi in legno del 1902 impreziositi con rame sbalzato e inserti in metallo e decori come un tavolinetto con ripiano quadrato rivestito in pergamena dipinta, due mensole, una poltrona deliziosa e uno scrittoio favoloso fino a una cornice specchiera originalissima.
Guarda la sezione del catalogo Viscontea dedicata a Carlo Bugatti
Alcuni lotti relativi a Carlo Bugatti sono ancora disponibili (scopri quali QUI).
E non è tutto perché, secondo alcune anticipazioni, a marzo 2020 ci sarà una nuova asta presso la casa d’aste Viscontea e sarà certamente una nuova occasioni per ammirare alcuni pezzi unici di uno dei grandi maestri dell’art nouveau come Carlo Bugatti