Carlo De Carli può essere considerato l’architetto meneghino per eccellenza: la sua produzione, infatti, interessa sia la progettazione di interni, sia l’insegnamento presso il rinomato Politecnico di Milano, oltre a innumerevoli esposizioni alla Triennale del capoluogo lombardo.
Nella sua poetica si fondono metodologia, studi scientifici e sperimentazioni pittoriche e compositive, tutto in funzione della realizzazione di un’architettura globale e di una sorta di opera totale in cui l’uomo e la natura sono in strettissima sinergia.
De Carli precursore della Bio-architettura
Carlo De Carli è stato un architetto e un designer innovativo del ‘900 e ha gettato le basi per un embrionale progetto di bio-architettura in cui l’uomo e l’ambiente circostante convivono in stretta connessione.
Come i precedenti colleghi Le Corbusier, Gropius e Mies Van Der Rohe, fautori del Movimento Moderno e della corrente architettonica del Minimalismo, anche l’architetto e designer italiano esplora le strategie più innovative per garantire all’uomo soluzioni abitative efficaci e confortevoli.
La sua unità d’architettura ingloba elementi naturali, proprio come le forme fitomorfe del finlandese Alvar Alto, assieme a elementi strutturali contemporanei che assicurano la completa visione d’insieme e l’abitabilità degli spazi.
La casa e l’edifico, tradotti anche in soluzioni residenziali e condominiali in cui convivono più persone, si riuniscono nel concetto di unità singolare architettonica da vivere, e in quell’albero della foresta fisica in cui differenti specie animali vivono in completa armonia.
Vari progetti residenziali e abitativi lungo tutto lo Stivale
Fra i suoi progetti e piani abitativi più celebri, bisogna citare la Caletta di Siniscola a Nuoro del 1951, oppure il ricovero per anziani di Negrar in provincia di Verona: si tratta di giardini residenziali e di edifici con logge, passeggiate architettoniche e sequenze aperte che garantiscono al singolo appartamento una sorta di autonomia e di spazio verde interno, benefico per l’uomo a livello psico-fisico.
La mission dell’architetto Carlo De Carli è di contenere lo spazio e di offrire all’individuo una cellula vivibile e confortevole in cui svolgere le attività primarie quotidiane.
L’intento del designer italiano è pedagogico, in quanto si pone l’obiettivo di tramandare le strategie migliori per ottimizzare lo spazio e valorizzarlo, anche nelle piccole metrature e nei contesti abitativi comuni.
Si sente forte l’esigenza di preservare e proteggere quella sorta di spazio primario in cui la persona deve stare bene e avere tutto a portata di mano, compreso un piccolo ritaglio outdoor da adibire a orto o giardino balconato.
I progetti per i teatri
Carlo De Carli, durante la sua carriera, ha progettato molteplici studi per strutture comuni, come ad esempio il Piccolo Teatro di Sant’Erasmo di Milano (1951-1953), oppure la Chiesa di Sant’Idelfonso, sempre nella città meneghina: anche nella realizzazione di questi edifici si percepisce molto la volontà di assicurare quello spazio primario e di relazione benefici per l’uomo, in cui le persone (in questo caso spettatori e fedeli) possono interagire e collaborare in perfetto equilibrio.
La sua idea di spazio è in continuo movimento, concepito come una specie di tapis roulant work in progress che si diffonde dalla pianta centrale e crea tensione e dinamiche tra le strutture portanti.
Il risultato è una geometria di moto, una proiezione del movimento che anima l’attore, il credente e la persona che vive e interagisce in quello spazio, tramite moduli, forme e strutture ellittiche, vortici e strategie che recuperano tutti i centimetri disponibili valorizzandoli in funzione dell’uomo.
Carlo De Carli e il design: la sua celebre scrivania
Progettata agli inizi degli anni ’50, la celebre scrivania si circoscrive in una struttura monolitica di legno, animata ai lati da forme più dinamiche e stilizzate che regalano un effetto a contrasto.
Il risultato è un mobile solido e robusto che rispecchia a meraviglia i canoni dell’epoca, del Razionalismo e dello Strutturalismo tanto cari al manifesto fascista e al regime da poco superato.
L’innovazione risiede nell’introduzione della lastra in vetro che lascia intravedere all’interno e crea un gioco tra pieni e vuoti, alleggerendo la struttura e generando un’incavo funzionale per tenere in ordine riviste e giornali.
I cassetti, l’angolo lampada e l’ampio spazio per le gambe confermano che ci troviamo davanti una sorta di scrivania interattiva e di desktop d’ufficio dei giorni nostri, solo più antico e monumentale.