Il design anni 80 ha in sé una vocazione naturale alla contaminazione di generi che, riletta 30 anni dopo piace sempre più nel mondo dell’interior design
“Cosa resterà di questi anni 80?” si chiedeva Raf con una delle sue canzoni più celebri. Era il 1989. E questa non era una domanda così banale. Perché prima la protesta di piazza Tienanmen con uno studente che, con il suo corpo, cerca di arrestare l’avanzata dei carri armati, poi la caduta del muro di Berlino sono i segni tangibili di un’era che sta per finire. Il mondo, come lo avevamo conosciuto fino a quel momento, semplicemente non c’era più.
Stava per iniziare una nuova epoca. Gli equilibri geopolitici che avevamo imparato a conoscere si erano dissolti proprio come le macerie di quel muro che aveva diviso l’Europa e che si era sgretolato sotto la forza incontenibile del cambiamento e di quel Wind of change cantato dagli Scorpions, tanto per restare in tema musicale.
Gli anni 80, quella della pop art e della presunta spensieratezza stavano lasciando il passo ad una fine di millennio di cui nessuno avrebbe mai immaginato l’esito. E anche per il mondo dell’arte e del design stava per cambiare tutto. Proprio il mondo dell’arte, al pari di quello più prettamente storico, va riletto a freddo per comprenderlo fino in fondo. E così, lo snobismo che nella fine del 900 e nei primi anni 2000 ha accompagnato il design anni ‘80 andava prima o poi rivisto e riconsiderato.
E questo è il momento.
Intanto, quel 1989 in cui Raf cantava la sua hit fu anche quello in cui scomparve uno degli artisti più geniali, poliedrici, eccentrici e surreali del secolo: Salvador Dalì.
Perché i movimenti successivi hanno spesso “banalizzato” gli anni 80 etichettandoli come eccessivamente “spensierati”? Era davvero così?
No.
La cartolina patinata dei paninari fuori dal primo “Burghy” di San Babila non può essere l’immagine di un decennio che dal punto di vista politico, artistico e culturale ha visto nascere alcuni dei fermenti più significativi.
E il design ha rispecchiato, a suo modo, quegli anni turbolenti e controversi attraverso la ricerca di un forte impatto estetico, caratterizzato da quell’intento sovversivo tipico di un periodo creativo fino all’esasperazione. Una forma di edonismo stilistico che ha segnato un’epoca.
E d’altronde, un periodo che si apre con la strage alla stazione di Bologna e con l’omicidio di John Lennon a New York e che viene sconvolto da Cernobyl non può essere definito “senza valori” solo per qualche colore che oggi a qualcuno appare un po’ troppo sgargiante.
Ok, le giacche con le spalline e le permanenti “gigantesche”, riviste oggi fanno sorridere. Ma neanche queste bastano a racchiudere virtù, vizi, eccessi e fragilità di un decennio in cui l’arte e il design hanno vissuto il superamento dello spirito d’avanguardia e il ripensamento del concetto di moderno. Non è la fine del moderno ma, piuttosto, la nascita del post-moderno.
Negli anni ‘80 fa anche la sua comparsa la Postavanguardia che provoca una vera e propria rivoluzione. Questa trasformazione, favorita e sostenuta da un nuovo modo di concepire l’arte, improntata alla più aperta libertà di espressione, vede la nascita di movimenti artistici nuovi, meno legati alle ideologie ma non per questo più “frivoli”.
Come dice lo scrittore inglese Eduard Docx nel suo articolo Addio postmoderno: “se i modernisti come Picasso e Cézanne si concentrarono sul design, sulla maestria, sull’unicità e sulla straordinarietà, i postmoderni come Andy Warhol e Willem de Kooning si sono concentrati sulla mescolanza, l’opportunità, la ripetizione”.
IL RITORNO DEL DESIGN ANNI ’80 NELL’INTERIOR DESIGN
Nel mondo dell’interior, il design anni ‘80 spicca per il suo carattere deciso. Rompe gli schemi, sovverte le regole in modo provocatorio, “vanitoso” e perfino “rumoroso”. A Milano esplode il Gruppo Memphis, il collettivo post modernista italiano di design e architettura fondato da Ettore Sottsass che, specie nei primi ‘80, sovvertì il concetto di “buon gusto” esaltando quei colori accesi e vivaci e quelle forme geometiche che facevano parte della cultura di massa. Proprio Sottsass, che nel ‘59 era stato decorato al Compasso d’oro per il calcolatore elettronico Elea per Olivetti, sceglie di lasciare contaminare la sua formazione accademica di architetto con esperienze dirette nel campo delle arti visive e, probabilmente, proprio per questo crea Memphis.
Quello di Memphis non fu anticonformismo per forza, ma uno stile che sfidava il passato e che, in pochissimi anni, raggiunse il proprio intento (e proprio per questo si sciolse) risucendo a creare oggetti di design con un materiale low cost come laminato plastico, coloralo dei toni più accesi e renderlo “sexy” come i materiali più pregiati. Il design era diventato una forma codificata di comunicazione non verbale, permettendoci di giudicare i nostri compagni a colpo d’occhio e di collocarli nel loro gruppo sociale. Questo perché i mobili, i nostri vestiti, i nostri accessori sono stati acquistati non più sulla base dei nostri desideri individuali, bensì sull’impressione che vogliamo fare sugli altri. Si voleva manifestare uno stile di vita.
Ma tra i pezzi cult di quel periodo ci sono anche il set di posate Dry per Alessi firmato da Achille Castiglioni e la sua celebre lampada a sospensione Taraxacum 88 per Flos.
In questo periodo, gli oggetti di design e i complementi d’arredo hanno geometrie fantasiose quasi spaziali che possono stare nella stessa stanza con tavoli di modernariato e con altri pezzi dai colori accesi e dai toni forti, senza stonare. I designer osano di più. Alcuni, non necessariamente i migliori, diventano perfino delle star. Ma la stella del loro successo, in molti casi, non reggerà alla prova del tempo.
Nel campo dell’arredamento, questa sperimentazione porta a ripensare la casa come un nuovo spazi aperto. Gli open space, che nei decenni precedenti caratterizzano quasi esclusivamente gli ambienti di lavoro “entrano tra le mura domestiche e gli ampi saloni diventano uno spazio aperto dove si trova soggiorno, cucina e sala da pranzo. I colori Fluorescenti sono l’abc del design i contrasti ne sono padroni. Le forme che caratterizzano questi anni sono due e in netto contrasto tra loro: o diventano volte spigolose quasi in continuo movimento oppure molto fluide quasi avvolgenti.
Ma la vera protagonista di quel periodo era lei: la sedia. Negli anni ‘80 le sedie divennero dei veri e propri oggetti di culto. Non c’è altro periodo in cui siano state progettate e realizzate tante nuove forme di design per un singolo complemento d’arredo, una vera e propria mania che ha reso, oggi, alcuni modelli ricercatissimi e di alto valore.
Perché il design anni ‘80 ha in sé una vocazione naturale alla contaminazione di generi. Provocatorio come uno dei suoi esponenti più significativi come Andy Warhol. Uno che amava dire: che… “Un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha bisogno, ma che egli – per qualche ragione – pensa sia una buona idea darle”. Oppure: “Spazio sprecato è qualsiasi spazio in cui ci sia dell’arte”. Così, tanto per essere chiari.
Warhol muore nel febbraio dell’87 e nella primavera dell’anno seguente , 10.000 oggetti di sua proprietà vengono venduti all’asta da Sotheby’s per finanziare la Andy Warhol Foundation for the Visual Arts. E l’anno dopo ancora, nel 1989, il MoMA di New York gli dedica una straordinaria retrospettiva “incoronandolo” come re della Pop Art.
Oggi nel 2019 i famosi ed eclettici anni 80 sono il nuovo must…tutto ritorna!… ma con colori pastello o a contrasto sempre molto morbidi.
Qui sotto un bellissimo esempio di ambienti in stile anni 80 adattati ai giorni d’oggi Interior designer: Patricia Bustos
GRAPHIC DESIGN
Ovviamente come ben tutti sanno, le diktat e le tendenze le avviano due tipi di settore: il design e la moda e da qui si allargano su tutti i settori merceologici. In stretto contatto a queste due c’è il mondo del graphic design. Anche qui ritroviamo l’uso di forme geometriche o di fluidi con giochi di colore in netto contrasto.
Design: Yoko Honda
Dire che nel design anni ‘80 non esistessero regole è in parte vero, ma certamente riduttivo. Nell’ interior come nella musica e nell’arte. La regola era la provocazione. E allora sorprende solo fino a un certo punto che stiano tornando alla ribalta. Viva gli anni ‘80 e viva quella forza e quella voglia di sperimentazione estetica che, nel bene e nel male, rompe gli schemi.
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