Galvanotecnica Bugatti, la firma di Caccia Dominioni per immergersi nel futuro

Per il regista statunitense Francis Ford Coppola: “un elemento essenziale dell’arte è il rischio. Se non rischi, come potrai creare qualcosa di autenticamente bello?”.

Non è così raro vedere vecchie fabbriche o ex spazi industriali riqualificati, non sempre però l’opera di riconversione riesce a donare nuova vita a un complesso dismesso. Restaurare un edificio è un conto, riconvertirlo in qualcosa di nuovo, vitale senza distruggere il suo passato è qualcosa di profondamente diverso (ed estremamente più complesso). Ma quando di mezzo c’è la mano – e la matita di Luigi Caccia Dominioni, il risultato è sempre qualcosa di speciale e di “autenticamente bello”.

luigi caccia dominioni

E tra le tante opere del noto architetto milanese c’è anche una ristrutturazione speciale: quella della Galvanotecnica di via Bugatti 7, a due passi da Porta Genova oggi palcoscenico ideale per mostre d’arte, allestimenti di design, esposizioni e presentazioni. Un luogo unico e suggestivo curato con passione da Brunella Barattini e dalla figlia Roberta.

Ma facciamo un passo indietro.

La fabbrica viene fondata nel 1923 da Alberto Barattini, opera nel settore galvanotecnico e si afferma con la realizzazione di innovativi bagni di nichelatura brillante. Negli Anni Trenta la specializzazione conseguita porta l’azienda ad operare per le industrie metalmeccaniche dell’epoca, quali Fiat, Isotta Fraschini, Lancia, Ansaldo, Bianchi, Guzzi, Gilera, Olivetti, Ericsson. Nel giugno 1940 la società assume la denominazione “Barattini & C. Spa”, anche a seguito del controllo acquisito dalla famiglia Barattini.

Durante la guerra l’attività della società si estende alla ossidazione anodica dell’alluminio di largo impiego nell’industria aeronautica. Poi il bombardamento distrugge la sede di via Montevideo 11 (agosto 1943), ma non può abbattere la forza della famiglia Barattini che trasferisce l’azienda nella vicina via Gaspare Bugatti. Terminato l’incubo della guerra la società sviluppa la sua attività realizzando impianti di cromatura, bagni di nichelatura, bagni di zincatura e, come tante altre fabbriche, conosce un vero e proprio boom.

Alla morte del fondatore, ingegner Alberto Barattini nel 1961 la presidenza della società passa al figlio Bruno che, mentre studiava chimica all’Università di Pavia dava già una mano al padre lavorando in azienda. Poi, alle fine degli anni 70, l’industria galvanotecnica entra in crisi e, per motivi di salute, Bruno Barattini nel 1984 lascia l’attività e l’azienda viene ceduta a terzi, che nel 1996 trasferiscono la sede operativa fuori Milano. “Fu un brutto colpo per papà – racconta Brunella -. La prima sede era stata bombardata. Io ero una bambina ma vidi l’impegno che ci volle per trasferire la fabbrica. Non appena i nuovi proprietari si trasferirono, iniziai subito con il progetto di riconversione. Era un omaggio a papà. Lui, purtroppo, non fece in tempo a vederlo. Ma questo è il mio regalo per lui”.

Una storia così uguale, eppure così diversa da quella di tante altre industrie italiane se ci si ferma alla “fredda” cronologia degli eventi. Il punto è che il mondo è cambiato profondamente negli ultimi 30-40 anni e le grandi fabbriche che davano lavoro a centinaia, perfino migliaia di persone, non esistono più. Restano però i loro “scheletri” che sono diventati parte delle nostre città. Alcune fabbriche abbandonate disegnano il panorama che osserviamo velocemente dai finestrini delle nostre automobili mentre percorriamo strade e autostrade.

Altre fanno parte del cuore delle nostre città. Non è un caso che l’Unesco, da anni, ha introdotto la categoria del paesaggio culturale evolutivo per valorizzare le testimonianze della civiltà industriale in una comune eredità culturale.

Poi, basta scavare un po’ di più a fondo nella storia di questa galvanotecnica per far emergere tutta l’umanità, il cuore e l’emozione di una epopea famigliare di profonda umanità.

Ogni riconversione è, già di per sé, meritevole perché non solo restituisce nuova vita ad un edificio o ad un’area evitando situazioni di abbandono e degrado. Ma quando la riconversione ha un particolare valore stilistico e culturale ecco che il suo valore aumenta decisamente.

Negli stessi anni in cui il Luigi Caccia Dominioni dona nuova vita a piazza San Babila, ecco un altro progetto: il recupero della Galvanotecnica di via Bugatti. Brunella Barattini (figlia di Bruno) ha in mente qualcosa di speciale e sa che non può affidarsi a chiunque, perciò il recupero viene affidato all’ingegner Achille Balossi Restelli con la consulenza artistica dell’architetto Luigi Caccia Dominioni.

Anche se le cose, almeno all’inizio, non andarono esattamente così. E la scelta di Caccia Dominioni non fu solo l’idea di puntare sul migliore.

bugatti_milan-location
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Brunella, con i suoi modi gentili, racconta: “Per me il Caccia era un po’ l’architetto di famiglia: aveva ristrutturato la casa dei miei negli anni ‘50 e poi la mia negli anni ‘70. Io ero poco più di una bambina quando lo vidi la prima volta, perciò gli devo del lei, mentre lui si rivolgeva a me dandomi del tu. Gli ingegneri stavano facendo un ottimo lavoro, ma capii che serviva il tocco di un architetto. Non esitai un istante e andai da lui. Accettò e io ne fu felicissima”.

Che cosa la colpiva, di più, dell’opera di Caccia Dominioni? “Aveva fatto cose meravigliose per Milano e tutte con una semplicità che era davvero unica e che esprimeva tutto il suo genio. Il suo lavoro alla Galvanotecnica fu splendido e quello che mi colpì fu la velocità con la quale trovava la soluzione giusta per qualsiasi aspetto” continua Brunella.

cortile galvanotecnica restauro caccia dominioni

Le strutture originarie vengono conservate e restaurate. Come in un bagno galvanico, il progetto si immerge nella storia dell’industria per ridefinirla. E la prima “magia” sta proprio in quel contrasto armonico tra gli esterni e la loro storia gli interni. Già, perché le sale che in passato ospitavano macchinari ed impianti galvanici (sala con le colonne di ghisa, sala del carroponte e i saloni della bilancia) diventano nuovi e moderni spazi di design e comunicazione, intorno ad un cortile che conserva il gusto retrò della Milano del primo Novecento.

Musica per le orecchie degli amanti di stile. Proprio come la musica che Yamaha Instrumental suonò qui durante Il Salone del Mobile nel 2006 e 2007 con due allestimenti che sono rimasti impressi nella mente e nel cuore di Brunella e della figlia Roberta. “Fu un allestimento che rispettava la location e che era semplice e raffinato allo stesso tempo” aggiungono.

Luigi Caccia Dominioni ricrea gli spazzi della fabbrica con un’elaborazione progettuale molto rigorosa e portando allo stesso tempo il prodotto ad eleganti realizzazioni in cui è la massima cura del dettaglio il vero protagonista, attenta è la selezione di materiali, raffinate sono le finiture e profondo è lo studio della composizione di spazi interni a definizione di planimetrie che l’hanno portato ad autodefinirsi “un piantista… che trova l’urbanistica ovunque”.

Dal diapason della casa giapponese alle stelle. O meglio, alla stella: l’etoile. Alessandra Ferri, prima ballerina del Teatro Alla Scala fino al 2007 (nonché unica ballerina italiana del Novecento a essere invitata come stella dall’esclusiva dalla compagnia di balletto dell’Opéra di Parigi) ha ballato nei saloni della Galvanotecnica con Roberto Bolle.

E i saloni dell’ex fabbrica Barattini ha anche ospitato una selezione di pezzi di Pio Manzù, designer che firmò la Fiat 127 prematuramente scomparso a trent’anni (di cui abbiamo parlato in questo articolo), curata da suo figlio Giacomo.

Quella della galvanotecnica Bugatti non è solo una storia di riconversione né una storia di moda e design. È il racconto di una famiglia che attraversa un secolo e che, dal Novecento si proietta nel nuovo millennio con stile e cuore.

Lo stile di Luigi Caccia Dominioni e il cuore della famiglia Barattini.

Oggi la Galvanotecnica Bugatti non è solo una location per il Salone del mobile o della sala prove di Roberto Bolle, ma i suoi spazi si trasformano piacevolmente per ospitare installazione d’Arte, location aziendali, mostre e corsi-workshop molto suggestivi come ha scelto silviadefiori (nota flower designer italiana -video) per i suoi corsi di wedding design. Insomma l’anima creativa del “Caccia”, grazie a queste attività, è sempre viva!

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