Guglielmo Ulrich, la sintesi perfetta fra tradizione e innovazione

Dai mobili al design industriale, dall’architettura alla pittura. Perché le creazioni di Guglielmo Ulrich sono uniche nel panorama del modernariato

Guglielmo Ulrich. Quel cognome che tradisce le sue origini nord europee. E quel sangue blu che scorreva nelle sue vene, eredità ancestrale di un’antica casata nobiliare danese quasi si dimenticano e affondano nelle profondità di uno sguardo attento e intenso, in grado di scrutare più a fondo della semplice apparenza.

Nato a Milano nel 1904 è stato  uno degli artisti poliedrici più interessanti del secolo scorso. Non a caso, oggi, le sue creazioni vengono considerate tra le proposte di modernariato più interessanti sul mercato. Non a caso, l’anno scorso l’asta “Thinking Italian” da Chirstie’s un tavolino da salotto disegnato da Guglielmo Ulrich nel 1948 per Casa Levi Broglio a Milano, in legno di noce, marmo e ottone, ha realizzato 110mila sterline contro una stima di partenza tra 20 e 30mila sterline.

Ma andiamo con ordine…

Architetto, disegnatore, arredatore e pittore, Ulrich è un artista a tutto tondo che ha senza dubbio trovato la sua massima espressione nel mondo del design tra gli anni ‘40 e gli anni ‘70 del Novecento.

Dopo aver frequentato l’Accademia di Brera, negli anni ‘30 comincia ad esprimere tutto il proprio talento ritagliandosi uno spazio importante nel panorama dei designer milanesi. Anzi, già a partire dal 1928 Ulrich, appena 24enne, firma i suoi primi progetti di interni. Fino al 1945 disegnerà mobili per Scaglia.

Dall’ottobre 1942 all’ottobre 1943 dirige la rivista Domus fondata da Gio Ponti sul finire degli anni ‘20. Giuseppe Pagano, allora direttore del mensile, sceglie di arruolarsi nel movimento clandestino antifascista e lascia la direzione della rivista. Un impegno politico che gli costerà caro dal momento che nel novembre 1943, proprio pochi giorni dopo che il suo successore Ulrich ha terminato il suo mandato alla guida di Domus (lasciando il posto a Melchiorre Bega), Pagano viene arrestato e portato nel campo di Mauthausen dove verrà assassinato nell’aprile 1945.

Quello che colpisce dell’opera di Ulrich è proprio quella capacità di coniugare le innovazione e la nuova identità del design italiano che lui stesso e i suoi maggiori colleghi contemporanei stavano appunto costruendo con il gusto classico della tradizione borghese milanese del secolo precedente. Una capacità unica di creare un legame fra tradizione e innovazione in un momento storico dove l’innovazione costituiva.

GUGLIELMO_ULRICH_ARMCHAIRS
GUGLIELMO_ULRICH_ARMCHAIRS

Più di recente, in occasione del Salone del Mobile 2016, Fendi aveva omaggiato propri Guglielmo Ulrich con la collezione Casa Icons ispirata ad una selezione di elementi di arredo unici, ideati dal designer milanese negli anni Trenta per l’Esposizione Universale a Roma del 1938 ma mai realizzati.

Proprio in quel periodo, negli anni ‘30, Ulrich  sperimenta  nuove forma di schienali avvolgenti, apparentemente senza alcuna separazione tra parte posteriore e braccioli. E lo fa negli arredamenti di case alto-borghesi, costruendo proprio quello stile che in seguito lo avrebbe reso unico.

Nelle sue biografie online si legge testualmente: “Legato a Gio Ponti e a tutto quel gruppo che, gravitante intorno alla rivista “Domus”, propugnava una forte modernizzazione del gusto e della casa, Ulrich seppe tuttavia mantenere un saldo rapporto con la tradizione e in particolare con quella borghese sette-ottocentesca, di cui fu elegante interprete moderno”.

Non solo tavoli, sedie e design industriale. Ulrich ha anche progettato Palazzo Argentina in Corso Buenos Aires insieme a Piero Bottoni ed eseguito il restauro di Palazzo Tarsis in via San Paolo, uno degli edifici neoclassici più affascinanti di Milano, aprendo tra l’altro un portico sul lato di Corso Vittorio Emanuele II come richiesto dal Comune.

Palazzo-Tarsis
Palazzo-Tarsis

Laddove gli altri vedevano una antinomia, Ulrich riusciva ad esprimere armonia.

Ulrich scompare nel 1977 nella sua Milano.

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