Il design “illuminato” dell’instancabile Vico Magistretti

   Designer geniale e prolifico, Vico Magistretti ha firmato molti edifici milanesi e complementi d’arredo unici come le sue splendide lampade

Raccontare Ludovico Vico Magistretti significa intraprendere un viaggio nel mondo di un architetto designer che ha fatto della semplicità e della potenza funzionale la sua arte. Uno che, al culmine del suo successo, disse: “Mi sarebbe sempre piaciuto progettare l’ombrello”. Ovvero uno degli oggetti più semplici e funzionali mai inventati.

Proviamoci…

Magistretti: gli inizi

Ludovico Magistretti nasce nel 1920, a Milano. Si iscrive alla facoltà di Architettura dove conosce tra gli altri anche Gio Ponti e si laurea nel 1945 al termine della guerra. Terminati gli studi inizia a lavorare nello studio del padre Piergiulio, sempre a Milano.

Fonda il Movimento Studi Architettura e partecipa attivamente alle Triennali, curando numerose sezioni e vincendo alla IX edizione, nel 1951, una medaglia d’oro e alla X, nel 1954, il Granpremio.

Tante le sue firme nel panorama milanese su case ed edifici: dalla Torre al Parco Sempione (1956) al il palazzo per uffici in corso Europa l’anno seguente fino alla Facoltà di Biologia (1981) e il deposito ATM di Milano Famagosta del 1989. Dopo molti edifici, il suo primo progetto prodotto in serie è la sedia Carimate prodotta da Cassina e diventata uno dei simboli della swinging London negli anni ‘60.

Lampade: da Eclissi a L’impiccato

Magistretti è stato un architetto e designer particolarmente prolifico ma soprattutto brillante. Proprio come designer vince il Compasso d’Oro in tre occasioni: nel 1967 per la lampada Eclisse di Artemide, nel 1979 per la Atollo di Oluce e per il divano Maralunga di Cassina. Proprio Cesare Cassina fu per Magistretti uno di quegli industriali illuminati che contribuì alla nascita dell’ italian design insieme agli architetti designer dell’epoca.

Già, le lampade. Dici Magistretti e pensi subito a lampade da tavolo, da terra, sospese o da parete. Quante ne ha fatte nascere dal suo studio di via Bellini da cui ammirava ogni giorno la facciata della Basilica di Santa Maria della Passione.

Durante la sua carriera Magistretti ha disegnato molte lampade per i brand più famosi, ognuna diversa dall’altra ma tutte accomunate da una straordinaria capacità di sprigionare eleganze nella loro semplicità.

Detto di Eclisse, forse una delle sue opere più celebri, nonché un capolavoro di forma e funzionalità nato dalla matita di Magistretti nel ‘65 (e che gli è valso il Comapsso d’oro due anni più tardi) questo eccezionale connubio tra eleganza e semplicità risulta evidente in un altro pezzo splendido come la lampada a sospensione “L’impiccato”, per Artemide

Come si legge sul sito dell’Archivio Magistretti: “Come ben racconta Magistretti, la lampada Impiccato, presente dal 1972 nel catalogo Artemide, nasce dall’esigenza di risolvere un problema tipico della configurazione degli interni delle case: «di solito, nelle sale da pranzo, ti fanno l’attacco per la lampada al centro del locale, e così se vuoi mettere il tavolo in un angolo sei fregato».

La lampada che è costituita da un tubo parallelo al soffitto cui viene appeso un contrappeso e il diffusore della lampada stessa, permette di cambiare agevolmente posizione alla lampada in modo da rendere libera la scelta del posizionamento degli arredi, in particolare del tavolo. Regolabile anche in altezza, la lampada Impiccato, rappresenta come altri precedenti famosi (lampada Arco, Castiglioni, 1962) il superamento della rigidità imposta dalle classiche lampade a sospensione mantenendo la loro funzionalità intatta.

Artemide-Catalogue 1973-pag 4

Il ricordo di Magistretti

“Gli ho voluto un bene dell’anima” racconta Stefano Boeri in un’intervista, perché quando ho iniziato a Domus lui mi ha dato fiducia (Boeri ha diretto Domus dal 2003 al 2007).

Ma con grande umiltà, in una vecchia video intervista pubblicata sul sito di Oluce, lo stesso Magistretti svela come, secondo lui, il successo dell’italian design sia dovuto anche allo stretto rapporto che i designer hanno saputo creare con i produttori e con gli esperti dei singoli reparti. “Sedersi a un tavolo insieme a loro e poi alzarsi e andarsene dicendo che tre settimane più tardi avranno il loro pezzo da produrre è la cosa più stupida che si possa fare. Io non l’ho mai fatto. Perché il confronto ti serve. Hai bisogno di loro perché capisci che è attraverso loro che nascerà quello che tu hai ipotizzato. Alle volte basta chiedere come preferiscono un incastro affinché comprendano che sono loro che servono a me. Non io che servo a loro”.

Centenario… “rimandato”

Insomma, quello che emerge è il quadro non solo di un designer geniale ma anche di un uomo di spessore. Ed è un peccato che questa pandemia abbia costretto la Fondazione Vico Magistretti a riprogrammare le tantissime, lodevoli, iniziative programmate per celebrare i cent’anni del designer milanese. Aspetteremo con pazienza. E appena possibile, anche noi ci saremo non solo per festeggiare ma soprattutto per ammirare ancora una volta lo straordinario lavoro di Magistretti.

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