Progettata da Osvaldo Borsani nei primi anni ‘40, Villa Borsani a Varedo è considerata un gioiello dell’architettura moderna. Noi l’abbiamo visitata e…
A tutti noi capita, ogni tanto, di portare il lavoro di casa. Osvaldo Borsani ha fatto qualcosa di diverso progettando, con la sua penna e soprattutto il suo genio, Villa Borsani ovvero la casa dove ha vissuto per anni insieme al fratello Fulgenzio.
Lo ha fatto nei primi anni ‘40 del novecento e la villa che si trova a Varedo (Monza e Brianza) è stata realizzata tra il 1943 e il 1945. Un luogo magico dove Osvaldo e il fratello Fulgenzio hanno vissuto, progettando la nascita e lo sviluppo della sua fabbrica Atelier.
Mentre la casa prende forma, l’Italia è in guerra e così i fratelli Borsani decidono di fare qualcosa di estremamente concreto per l’arte, sfruttando la casa come riparo per le opere d’arte di alcune famiglie dell’aristocrazia milanese che nella casa di Varedo trovavano un rifugio più sicuro, lontano dai disordini del capoluogo lombardo.
Pensare che questa casa sia stata il “nascondiglio” di opere d’arte di grande valore rende ancora più suggestiva la nostra visita, ancor prima di varcare il grande cancello che delimita la proprietà.
In un vecchio articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Villa Borsani viene definita: “paragonabile per importanza e atmosfera a capolavori da poco riscoperti come Villa Necchi Campiglio. La logica con la quale la residenza è stata realizzata è il marchio di fabbrica dei Borsani: l’attenzione dal generale al particolare, dal fuori al dentro. È sempre stato così. A partire dal progetto per una Casa Minima presentato alla Quinta Triennale di Milano nel 1933 quando Osvaldo era studente”.

Per scoprirlo non ci resta che continuare una visita che è iniziata con uno sguardo sugli abeti e sul verde che circonda la casa. Osvaldo Borsani non è stato solo uno dei maggiori designer italiani ma anche uno dei pionieri della relazione tra estetica e industria, ma entrare a casa sua significa, in qualche modo, fare un passo in una dimensione più intima, privata.
E Villa Borsani non può che essere lo specchio di chi la abita o, quantomeno Borsani la sintesi della sua visione progettuale. Ci sono la sobrietà e il rigore del razionalismo che ha ispirato l’opera di Bersani di quegli anni, ma c’è anche di più. Molto di più.
Quando entriamo notiamo subito la maestosa scala che domina l’ingresso, interamente realizzata con lo stesso marmo di Candoglia dai toni grigi e lievemente rosati utilizzato per il Duomo di Milano.

Forme e materiali si fondono in un’atmosfera magica, capace per un istante di “rompere” lo schema razionalista per dare un movimento più dolce e armonico a tutto l’ambiente.
La scultura di Agenore Fabbri posta in fondo alla scala impreziosisce ulteriormente un atrio che lascia subito a bocca aperta.
Ma la grande scala non è l’unica cosa che rapisce il nostro sguardo e la nostra attenzione, perché ad accoglierci al pieno terra c’è anche la grande vetrata retrostante, progettata per dare luce alla casa grazie anche ai passamani della scala in plexi per riflettere la luce che entrava dalle vetrate. Un particolare e un attenzione al dettaglio che porta la firma di Borsani. Non potrebbe essere altrimenti.
La sobrietà dello stile razionalista viene bilanciata dalle tante opere d’arte che incontriamo durante la visita. Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro e il già citato Agenore Fabbri sono solo alcuni degli artisti che hanno collaborato con Borsani e che hanno lasciato una traccia del loro lavoro tra le mura della villa.

Ma la firma principale è la sua. Quella di Osvaldo Borsani. Nel salotto troviamo le sue realizzazioni più iconiche come la poltrona P40 (che può assumere 250 diverse posizioni) e il tavolino disegnato in collaborazione con Fontana.Già, Fontana. Il Fulcro del salotto è il camino disegnato e realizzato da Lucio Fontana in stile brutalista con un bassorilievo che rappresenta una battaglia. A fianco troviamo un set da gioco disegnato da Gio Ponti. Sempre nel salone principale troviamo tre lampadari e due applique di fianco al camino, disegnati e progettati da Guglielmo Ulrich. Pezzi unici, l’architetto milanese regalò e progettò in esclusiva per l’amico Osvaldo per Villa Borsani.
E quasi ce li possiamo immaginare, Osvalso Borsani e Gio Ponti sorseggiare un drink illuminati dal camino acceso mentre discutono dell’angolazione dei braccioli delle poltrone. Probabilmente lo hanno fatto davvero perché per Ponti dovevano essere rivolte verso il basso mentre Borsani sosteneva che dovevano rivolgersi verso l’alto per offrire un comfort maggiore.
Al piano di sopra ci sono le camere da letto: quella del padre Gaetano (la più grande) e una destinata a Carla, la moglie di Fulgenzio. Altro particolare. Tutte le finestre della villa sono rivolte verso ovest e “guardano” la Tecno, l’azienda di famiglia per la quale Osvaldo aveva progettato tutti gli arredi.

Insomma, Villa Borsani, pur restando fedele alla sobrietà e al rigore razionalista ne infrange in qualche modo la severità sia con le opere d’arte degli amici e collaboratori, sia con un “linguaggio” di design nuovo.
Per Stefano Boeri, Borsani è stato: “un genio che ha saputo anticipare alcune delle grandi questioni del design contemporaneo”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Norman Foster che ha di Borsano ha detto: “Se riflettiamo sui 60 anni della sua carriera, lui ha fatto tutto. Ha creato fabbriche e le ha gestite e ha creato un marchio prima ancora che la parola brand venisse usata”.

Quello di Villa Bersani non è un razionalismo che inganna ma, piuttosto, un razionalismo che sorprende con delle “concessioni” che strizzano l’occhio all’Art déco e che rendono questa villa un luogo da visitare.
Oggi Villa Borsani, che ospita anche l’archivio di Osvaldo Borsani è uno dei beni curati dal FAI Fondo Ambiente Italiano.